martedì 14 maggio 2019

Glifosato, Bayer condannata per il Roundup: è la terza volta. Due miliardi a una coppia che ha contratto il cancro




di | 14 Maggio 2019
 
Il verdetto arriva proprio mentre Bayer è alle prese con una rivolta degli azionisti sull'acquisizione di Monsanto, il colosso americano che ha esposto Bayer alle cause su Roundup. Secondo Le Monde inoltre, nel 2016 l’azienda americana avrebbe stilato una lista di personaggi dell’opinione pubblica francese da convincere per migliorare l'immagine dell’azienda.

Bayer perde il suo terzo processo consecutivo sul diserbante Roundup di Monsanto, ora controllata dalla società tedesca. Una giuria di Oakland, in California, ha stabilito che l’azienda tedesca deve risarcire 2,05 miliardi di dollari a una coppia – Alva e Alberta Pilliod – perché non sono adeguatamente esplicitati i rischi di tumore legati all’utilizzo del prodotto. I due, che hanno utilizzato il diserbante per 30 anni, hanno entrambi contratto il cancro. I danni punitivi sono stati stabiliti invece pari a un miliardo di dollari. A seguito di questa sentenza, Bayer è crollata alla borsa di Francoforte arrivando a perdere fino al 7,4% in avvio di seduta. Successivamente è crollata del 6,3% a 53,3 euro: il minimo da sette anni.
Bayer ha commentato la condanna in una nota annunciando il ricorso e spiegando che la decisione della giuria “è in conflitto diretto con le decisioni dell’Agenzia per la Protezione Ambientale e il consenso delle autorità sanitarie globali, secondo le quali i prodotti a base di glifosato possono essere usati in modo sicuro e non sono cancerogeni”. Secondo alcuni osservatori, la cifra elevata di danni punitivi potrebbe però spingere l’azienda a patteggiare le innumerevoli cause su Roundup. Anche perché, secondo la Cnbc, ci sono altre 13.400 cause legali contro Bayer in corso negli Stati Uniti. Un patteggiamento globale potrebbe valere 5 miliardi di dollari.  

La portavoce della coalizione Stop Glifosato Maria Grazia Mammuccini ha invece commentato: “Dopo la terza sentenza servono provvedimenti immediati per eliminare il glifosato da tutti i disciplinari finanziati con i Piani di sviluppo rurale. Stiamo assistendo a un assurdo paradosso: mentre negli Stati Uniti i tribunali impongono a Monsanto di pagare i danni, da noi li si finanzia”.
Le condanne precedenti
Si tratta infatti della terza condanna consecutiva per Bayer-Monsanto. Il primo precedente risale al verdetto del 2018 che stabiliva un risarcimento di 289 milioni di dollari (ridotti a 78 in appello) a favore del 46enne Dewayne Johnson. La seconda sanzione è arrivata invece a fine marzo 2019 quando la corte di San Francisco aveva deciso che Edwin Haderman (cittadino californiano) avrebbe dovuto ricevere  80 milioni di dollari in risarcimento. L’ultimo verdetto arriva proprio mentre Bayer è alle prese con una rivolta degli azionisti sull’acquisizione di Monsanto, il colosso americano che ha esposto Bayer alle cause su Roundup.

Le Monde: “Monsanto stilò una lista di personaggi da convincere per migliorare l’immagine dell’azienda”
Un’ altra accusa pende però sul capo di Monsanto. Secondo Le Monde, nel 2016 l’azienda americana avrebbe stilato una lista di personaggi dell’opinione pubblica francese – per la maggior parte politici e giornalisti – da convincere per migliorare l’immagine dell’azienda. Martedì 14 maggio il quotidiano tedesco Handelsblatt ha evidenziato che non si esclude che la stessa cosa sia avvenuta negli altri paesi europei. Il nuovo responsabile dei lobbysti di Bayer Matthias Berninger ha detto esplicitamente che si può immaginare che simili elenchi siano stati fatti in tutti i paesi europei per dare un’immagine diversa di Monsanto e soprattutto per convincere sulla bontà del glifosato, in quel momento oggetto di verifica presso le autorità europee. Tra i personaggi della lista francese figurerebbe l’ex ministra socialista dell’ambiente Segolène Royal.



sabato 11 maggio 2019

'Usare le parole per costruire ponti e non muri': firmata in Fnsi la Carta di Assisi

 Una sorta di giuramento di Ippocrate, come lo ha definito qualcuno, un decalogo deontologico in 10 punti: il primo manifesto internazionale contro i muri mediatici, una guida per il giornalismo, il mondo dell’informazione e non solo, che vuole una stampa attenta e coscienziosa, volta alla costruzione di ponti e di pace.

L’ostilità è una barriera che ostacola la comprensione. Nel rispetto del diritto-dovere di cronaca e delle persone occorre comprendere. Scriviamo degli altri quello che vorremmo fosse scritto di noi.

 Una informazione corretta lo è sempre, sono la fiducia e la lealtà a costruire una relazione onesta con il pubblico. Non temiamo di dare una rettifica quando ci accorgiamo di aver sbagliato.

 Difendiamo la nostra dignità di persone, ma anche quella altrui, fatta di diversità e differenze. Tutti hanno diritto di parlare e di essere visibili. Diamo voce ai più deboli. 

Costruiamo le opinioni sui fatti e quando comunichiamo rispettiamo i valori dei dati per una informazione completa e corretta. Dietro le cifre ci sono gli esseri umani. Impariamo il bene di dare i numeri giusti. 

Se male utilizzate, le parole possono ferire e uccidere. Ridiamo il primato alla coscienza: cancelliamo la violenza dai nostri siti e blog, denunciamo gli squadristi da tastiera e impegniamoci a sanare i conflitti. Le parole sono pietre, usiamole per costruire ponti. 

Facciamoci portavoce di chi ha sete di verità, di pace e di giustizia sociale. Quando un cronista è minacciato da criminalità e mafie, non lasciamolo solo, riprendiamo con lui il suo viaggio. Diventiamo scorta mediatica della verità. 

Con il nostro lavoro possiamo illuminare le periferie del mondo e dello spirito. Una missione ben più gratificante della luce dei riflettori sulle nostre persone. Non pensiamo di essere il centro del mondo. 

Internet è rivoluzione, ma quello che comunichiamo è rivelazione di ciò che siamo. Il nostro profilo sia autentico e trasparente. Il web è un bene prezioso: viviamolo anche come bene comune. 

La società non è un groviglio di fili, ma una rete fatta di persone: una comunità in cui riconoscersi fratelli e sorelle. Il pluralismo politico, culturale, religioso è un valore fondamentale. Connettiamo le persone. 

San Francesco d’Assisi operò una rivoluzione, portare la buona notizia nelle piazze; anche oggi una rivoluzione ci attende nelle nuove agorà della Rete. Diamo corpo alla notizia, portiamola nelle piazze digitali